Rural Project Manager

Rural Project Manager

Sandro Bucciarelli lo conosciamo per la sua testardaggine e per l’immenso amore che nutre per il suo territorio, due qualità che hanno fatto la differenza nel suo percorso professionale, già componente del Consiglio di Amministrazione di ICEA e responsabile dell’ufficio “Crisi aziendali, di settore e territoriali” del Dipartimento Sviluppo Economico della Regione Abruzzo.
Sandro è stato premiato a Matera nell’ambito del XVII Congresso Nazionale #AgroFor2030 The Global Goals, tra i vincitori del concorso “Dottore Agronomo, Dottore Forestale, progettista del cibo sostenibile”, con il suo progetto “Rural Project Manager”. Abbiamo colto l’occasione per complimentarci e fargli qualche domanda.

Com’è nato il progetto?

Io mi occupo delle aree di crisi, e purtroppo il sisma del 24 agosto 2016 che ha toccato quattro regioni, ha colpito proprio le aree che già prima vivevano principalmente di attività agricole o di piccola trasformazione, che per ragioni morfologiche mancavano già di grandi via di comunicazione. È chiaro che, oltre ai danni strutturali, il sisma ha creato un vero terremoto anche nel tessuto economico di quell’area. Col tempo però mi sono accorto che i fondi ricevuti dalla Regione Abruzzo, come dalle altre regioni colpite dal sisma, non lasciavano il segno. Mi spiego meglio.
I fondi arrivati dopo il sisma servivano proprio per il rilancio economico, ma i 146 progetti presentati – per quanto virtuosi – non avrebbero cambiato la situazione, non ci sarebbe stato un ritorno. Sarebbero rimaste delle “cattedrali nel deserto”, in questo caso tra le montagne. Serviva qualcosa, o meglio qualcuno, che riuscisse a mettere a sistema le risorse proprie del territorio, in modo da garantire una filiera interamente costruita sul territorio stesso, i cui proventi restassero qui e facessero crescere l’economia locale.

Ecco, appunto chi le costruisce queste filiere?

Questa figura professionale è proprio quello che nel progetto abbiamo denominato Rural Project manager. Il territorio mancava di una figura di “animazione”, ovvero qualcuno in grado di ricostruire il tessuto economico. Mi sono chiesto chi potesse ricoprire l’incarico di “animatore rurale”, allo stesso tempo mettere insieme i vari partner del territorio, costituire legami e costruire filiere, leggere il territorio con le sue caratteristiche naturali, calare un progetto sul territorio e plasmarlo in base alle tipicità locali. Guardando la mia stessa esperienza ho individuato queste competenze riunite nella professionalità dell’agronomo.
L’agronomo ha tutte le caratteristiche, eclettico e polivalente, sa leggere il territorio, si occupa di produzioni agricole e forestali, di allevamenti e filiere, di controlli. Così abbiamo costruito un progetto intorno a questa nuova figura di “Rural Project Manager”, un agronomo con “una marcia in più”, capace di ricostituire il tessuto economico di aree in cui si è verificato un sisma, ma non solo. L’Italia è un paese fragile, abbiamo esperienza di sismi, alluvioni, frane e smottamenti. Il Rural Project Manager può intervenire in tutte queste situazioni. Il progetto è stato accolto ed inserito tra quelli dedicati alla valorizzazione delle aree interne. E così i primi giorni di novembre sono stato chiamato a Matera a ritirare il prestigioso premio.

Una grande soddisfazione, quindi.

Certo, abbiamo dimostrato di non essere solo burocrati tristi ma di saper cogliere dei piccoli aspetti che altrimenti si perderebbero. Questa vittoria è la chiara dimostrazione che anche se sommersi dalle carte, si possono realizzare cose utili ed efficaci per il territorio, quando si lavora bene e in squadra. Questo è un traguardo collettivo: non sarebbe stato possibile senza il mio gruppo degli agronomi di ICEA Abruzzo. Una decina di professionisti, una famiglia di colleghi, unita nel rispetto e nella stima, con obiettivi comuni, perché la vera concorrenza è fuori. Ed è alla mia squadra, che dedico il premio.

E ora quale sarà il prossimo passo?

La realizzazione dei corsi di formazione specifici per agronomi sul territorio, ovvero portando qui i formatori. È anche questa la strada per diventare Rural Project Manager, perché spesso dalle Università si esce con tutte le nozioni teoriche necessarie, ma con poca esperienza pratica. Sul territorio invece c’è bisogno di un progettista, di un “animatore del territorio”, di agronomi che sappiano dove e come cercare fondi per il territorio, che conoscano le filiere già esistenti, che ne sappiano costruirne di nuove, e che sappiano mettere insieme gli stakeholder locali e non. Insomma il Rural Project Manager sarà questo: una figura centrale nello sviluppo economico delle zone di crisi, operativo al più presto. La formazione sarà quindi un “addestramento sul posto”, all’interno delle federazioni regionali, anche con docenti esterni: bisogna andare verso la periferia, vivere e animare – appunto – il territorio. Il premio è stato sponsorizzato da Unicredit, per questo prima di tutti a loro è stato chiesto di mettere a disposizione delle borse di studio per agronomi neolaureati che volessero interessarsi a questa materia. Ora stiamo a vedere.

Un’ultima domanda: l’idea della filiera da costruire sul territorio suona familiare, è già successo con il progetto Biopan, giusto?

Esatto. Un paio di anni fa abbiamo realizzato il progetto Biopan, per produrre il pane abruzzese, ovvero un prodotto tipico, biologico, con una filiera tutta abruzzese, dai coltivatori di grano, agli stoccatori, fino ai panificatori e ai distributori. Oggi il modello e dà ottimi risultati sul territorio. Per questo ora pensiamo di applicare la stessa filosofia anche alle cerimonie e ai matrimoni: un “biowedding” rispettoso dell’ambiente, dove tutto è riciclabile, il monouso è abolito, e persino i tessuti sono bio. È un’altra sfida, un’altra filiera da costruire.